Documento politico

 


YOS Salute Cultura e Diritti è un gruppo apartitico, aperto a chiunque lotti per la difesa al diritto alla salute riconosciuto come fondamentale diritto umano, per la promozione e tutela della salute al fine di ridurre iniquità e disuguaglianze, per il diritto a un SSN pubblico, equo, universalistico.
Nato dall’esigenza di persone di diversa provenienza geografica e con diverse competenze non solo in campo sanitario, si propone, lavorando in tavoli tematici autonomi, di contribuire con una critica costruttiva al dibattito politico sui temi di sanità e salute e di promuovere iniziative locali rivolte a tutte e a tutti.
Riteniamo importante recuperare ed attualizzare il punto di vista del fermento culturale e scientifico degli anni Settanta che ebbe la forza sociale e politica di costruire una comunità scientifica allargata, avvicinando portatori di scienza a soggetti sociali, dentro le esperienze di lotta dei movimenti dei lavoratori e delle lavoratrici, degli studenti e delle studentesse, di una sinistra radicata nella società.
Ci guidano i principi di universalità e uguaglianza sanciti dall’art. 32 della Costituzione ed espressi dalla Legge 833 del 1978 che, con la creazione del Servizio Sanitario Nazionale, ha disegnato l’organizzazione della tutela della Salute, quale diritto garantito a tutti e a tutte. Le azioni contro-riformatrici e i processi di privatizzazione in campo sanitario a cui assistiamo oggi, muovono proprio dall’attacco ai principi sui quali voleva fondarsi questa legge, i cui assi portanti ci preme rimettere all’interno del discorso politico.
La pandemia Covid-19 ha determinato una frattura epocale e obbliga ad una presa di coscienza diffusa dell’importanza dei fattori che influenzano la tutela della Salute, intesa non solo come diritto riconosciuto dalla Costituzione, ma come impegno a collaborare tutti per difendere il Bene Comune Salute. La nostra “normalità” è stata messa a dura prova e sono avvenuti profondi cambiamenti che hanno messo in crisi diritti e certezze: il lavoro, l’istruzione, la cura di minori e di anziani, l’assistenza sociosanitaria, il welfare pubblico, già indebolito e tendenzialmente sostituito dall’offerta dei privati, sottofinanziato e facilmente esternalizzato.
La cura della Salute rappresenta un crocevia di temi che non possono essere confinati ad un affare per addetti ai lavori o considerati solo in rapporto alle compatibilità economiche. La situazione attuale pone ombre per la gestione del presente e la progettazione del futuro. Tuttavia, non riteniamo che la soluzione sia il ritorno tout court al 1978 perché la situazione di oggi ci impone di considerare i mutamenti che sono intervenuti a partire dalla massiccia presenza di attori privati, spesso rappresentati da grandi gruppi societari finalizzati all’accumulazione di profitti, cui sono affidati compiti sociosanitari di vasta portata. Il Terzo settore, inoltre, è l’ulteriore variabile che può sottrarre capacità gestionale e volontà politica alle Regioni, che stanno avanzando istanze di maggiore autonomia, con maggiore libertà nella gestione di settori strategici del welfare pubblico. Dai dati prodotti da più fonti ministeriali emerge che quasi la metà del fondo sanitario nazionale è utilizzato per esternalizzare servizi sanitari e non sanitari o cedere la gestione ad Enti privati. Il conseguente flusso finanziario determina l’importanza economica e politica di tutto il settore assistenziale e sanitario, mentre la cessione di poteri al privato favorisce la costituzione di centri di potere politico ed economico. Ne è prova la recente legislazione del Terzo settore che gli dà un ruolo di co-programmazione dei servizi pubblici sottraendo capacità gestionale e volontà politica alle Regioni e agli Enti Locali.
Questo processo antidemocratico di privatizzazione della sanità e dell’assistenza non è stato scoraggiato dall’emergenza determinata dalla crisi pandemica, che ha invece accentuato cause ed effetti della situazione socio-economica in atto, divenendo crisi sindemica, in una prospettiva che ci interroga rispetto al rapporto dell’essere umano con gli attuali sistemi di produzione e di consumo di massa. 

Questo documento politico è un manifesto di intenti non scolpito nella pietra, ma in divenire in conseguenza ai continui cambiamenti della realtà sanitaria e sociale.

OBIETTIVI

Il nostro lavoro di ricerca, analisi e iniziativa politica in questo momento si focalizza su:  

a. Prevenzione e promozione della salute

La pandemia da Covid-19 ci ha mostrato come i tagli ultraventennali nel settore della prevenzione su aspetti quali organizzazione, autonomia, finanziamenti, risorse umane e tecnologiche hanno portato a una notevole fragilità del sistema di controllo delle malattie. Riveste quindi carattere di priorità rafforzare e riorganizzare il settore per una corretta e consapevole promozione della salute collettiva e individuale attraverso la prevenzione delle malattie e degli infortuni e la promozione della Salute (bio-psico-sociale) in ogni ambito di vita e di lavoro. È necessario inoltre rivolgere maggiore attenzione ai rischi di cancerogenicità delle produzioni nocive, che hanno gravi ripercussioni sulla salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente in qualunque ambito, oltre che alla sicurezza nei luoghi di lavoro, nel rispetto di quanto stabilito dall’ormai noto Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza (D.lgs. 81/2008).
Riteniamo politicamente importante, alla luce del continuo avvicendarsi di infortuni mortali o invalidanti sui posti di lavoro, prendere posizione in sostegno di prassi che, per quanto normate, debbano essere di effettivo sostegno ai lavoratori ed alle lavoratrici, sia rispetto alla formazione obbligatoria, che non deve ridursi a una prassi “vuota”, un obbligo da dover assolvere di cui entrambe le parti coinvolte non ne ravvedono l’effettiva utilità, che per la messa in atto di metodi, tecniche e strumenti di limitazione dei rischi, a garanzia di un luogo dove vi siano requisiti minimi e massimi che azzerino il rischio della mortalità.

b. Partecipazione dei cittadini

Riteniamo indispensabile rendere tutti e tutte partecipi del percorso collettivo di cura, intesa non solo in termini diagnostici e terapeutici, ma anche riabilitativi per poter acquisire maggior consapevolezza, come enunciato nelle recenti proposte di sanità di iniziativa rispetto ad una sanità di attesa, in particolare per quanto riguarda la gestione della cronicità e dell’invecchiamento e in presenza di invalidità e inabilità somatica e psichica.

E’ altresì strategico promuovere una efficace politica di educazione sanitaria pubblica perché si realizzi il coinvolgimento delle persone all’interno del proprio progetto di vita. Questa presa di coscienza deve essere inquadrata nel riprendere atto dei propri diritti di cittadinanza e di accesso ai servizi messi in forse dalla privatizzazione o dalla delega della funzione pubblica agli enti privati. Il servizio pubblico è l’unico esigibile compiutamente in quanto basato sull’universalità e l’eguaglianza definiti dalla carta costituzionale. Le attuali difficoltà a mantenere un welfare famigliare stanti le modificazioni epidemiologiche della popolazione, che vedono un’alta percentuale di famiglie monocomponenti, soprattutto nelle grandi città, spesso anziani, prevalentemente donne, portano a delegare la maggior parte delle azioni di sostegno al volontariato, che non può e non deve sostituire ma affiancare il welfare pubblico, il cui compito principale è quello di organizzare, mantenere e sostenere un sistema di tutela della salute e di servizi di supporto alle persone.

c. Operatori della sanità e del sociale

La formazione continua del personale in ambito sia sanitario che sociale è da ritenersi centrale, attuata recuperando le basi di una scienza che, sostanziandosi in prassi ed interventi sempre più orientati alla prevenzione piuttosto che alla cura, faciliti una moderna coscienza sociosanitaria che ragioni in termini di diagnosi complesse nel rispetto di letture multi-dimensionali dei fenomeni e cure coerenti, multiprofessionali e integrate. Occorre introdurre la prospettiva di genere nelle professioni sanitarie e sociali, nella formazione delle operatrici e degli operatori, nell’organizzazione dei servizi e nella ricerca, attraverso una modifica del curriculum dei corsi di laurea e attraverso l’aggiornamento continuo, introducendo le opportune normative a livello centrale e regionale. I continui tagli della spesa pubblica nel corso dell’ultimo decennio, il blocco del turnover iniziato dalla finanziaria del 2006, aggravato dal pensionamento e dalla fuga verso il privato hanno provocato una considerevole diminuzione dei dipendenti a tempo indeterminato nella sanità.
La stessa pandemia da Covid-19 ha fatto emergere la dotazione insufficiente di risorse umane indispensabili per gestire l’emergenza e l’assunzione a tempo indeterminato di personale sociale e sanitario è risultata insufficiente e con rilevanti differenze regionali.
È fondamentale arrivare allo sblocco definitivo del turnover attraverso soluzioni stabilizzanti per i precari; di non minore importanza è l’eliminazione del numero chiuso in Medicina e nelle altre professioni sanitarie, con una reale analisi dei bisogni nelle diverse aree geografiche.

d. Regolamentazione del rapporto pubblico-privato

Larga parte del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale viene destinato al privato per la fornitura di servizi e di prestazioni. La Lombardia, in particolare, spicca tra tutte le Regioni per la presenza dell’offerta privata in molti settori sanitari e sociosanitari. A fronte di questa ampia delega di funzioni al privato profit e no profit, l’azione programmatica da parte del governo e di alcune regioni decade per lasciare spazio all’iniziativa espansiva anche di grandi gruppi nazionali e internazionali. L’ultima prova di questo ritiro dall’effettivo governo è la revisione conservativa del Servizio Sanitario lombardo, recentemente approvata. Con la Legge Regionale 187 si stabilisce l'equivalenza di ruolo e funzioni tra settore pubblico e privato, indicando un’interpretazione giuridica contraria alla Costituzione che si diffonderà nelle altre regioni, soprattutto se andrà a compimento il progetto dell’autonomia differenziata, frantumando il cardine principale enunciato dall’art. 32 della Costituzione e avviato con la riforma del 1978. L’universalità e l’equità del diritto alla salute è anche compromessa dai criteri di ripartizione del Fondo sanitario Nazionale, basati quasi unicamente su criteri demografici o di controllo della spesa senza alcuna considerazione delle determinanti economiche e sociali della salute. La remunerazione delle attività basate sulle singole prestazioni a sua volta determina flussi finanziari sproporzionati verso le cure per acuti mettendo in sofferenza tutte le cure a livello territoriale e per le patologie croniche. La componente privata ha contributi eccezionali diretti a suo sostegno fino a prospettare un proprio intervento diretto o indiretto nei progetti finanziati dal PNRR. L’accreditamento istituzionale è spesso slegato dalla programmazione e l’offerta privata liberalizzata si espande creando un ampio mercato per raggiungere quote di spesa dei cittadini privati o assicurati in parte sostenuto con la defiscalizzazione. In questo contesto, riteniamo pericoloso, per la sostenibilità del SSN, lo sviluppo negli ultimi decenni del secondo pilastro e cioè di una sanità privata progressivamente diventata sostitutiva, permettendo all’intermediazione finanziaria e assicurativa di utilizzare detrazioni fiscali per incrementare i profitti, aumentando iniquità e diseguaglianze e alimentando il consumismo sanitario. Inoltre, grazie alla Legge di Stabilità del 2016 -2017, la defiscalizzazione del welfare aziendale, stabilita dai contratti collettivi fra impresa e sindacati, ha ridotto notevolmente il gettito fiscale a scapito delle classi più deboli contribuendo ad una ulteriore spinta culturale ed economica verso la sanità privata. Le finalità, i compiti, le regole -si pensi alle gare per l’acquisto di macchinari o strumentazioni o alle assunzioni del personale sanitario - tra pubblico e privato accreditato sono molto differenti e il rapporto tra queste due entità va rivisto integralmente. Di conseguenza si devono rivedere i criteri di accreditamento e le modalità di programmazione territoriale e ospedaliera, tenendo conto della richiesta sanitaria che i dati epidemiologici evidenziano in uno specifico territorio. Riteniamo che a questo debba accompagnarsi una verifica di obiettivi comuni programmati annualmente e di risultati ottenuti.

e. Autonomia differenziata


Riteniamo che l’attuazione dell’Autonomia Differenziata Regionale debba essere letta in una riflessione ampia, che includa la riforma del titolo V e il pareggio di bilancio; questi tre elementi si possono configurare quale perfetto tridente per trafiggere il patto sociale, sancito dalla nostra Costituzione, prefigurando disastrose conseguenze, alcune delle quali già in atto.
Il Servizio Sanitario Nazionale, per essere tale, deve avere organizzazione e funzionamento uniformi su tutto il territorio, garantendo il diritto alla salute in ogni Regione; i regionalismi non devono portare alla formazione di stati indipendenti e autocrati.
La sindemia ha fatto da cartina di tornasole degli effetti della messa in atto di sistemi organizzativi diversificati tra le Regioni, oltre che delle anticipazioni dell'autonomia differenziata praticate in Lombardia con la L.R. 23/2015 e seguenti. Ricordiamo che la Corte Costituzionale è intervenuta precisando che, anche nelle materie di competenza concorrente, tra le quali la salute, nel caso di inadeguatezza delle Regioni, lo Stato può avocare a sé le funzioni amministrative e legislative.
La Legge Costituzionale 1/2012, che ha modificato gli art. 81, 97, 117, 119 della Costituzione, inserendo il principio del pareggio di bilancio, è il frutto avvelenato del Fiscal Compact europeo di natura neoliberista, introdotto nel nostro ordinamento giuridico senza nessuna discussione pubblica partecipata; è stata così sancita, tramite un vincolo esterno, un'ulteriore tappa dell'attacco allo stato sociale, avviatosi dagli anni '80 e introdotto un impedimento allo sviluppo di politiche pubbliche orientate all'uguaglianza dei diritti, tra cui quelli alla salute.

f. Regolamentazione dei farmaci

E’ importante promuovere azioni e dibattiti riguardo alla necessità di una regolamentazione e un controllo sulla disciplina della sperimentazione, produzione e immissione in commercio dei farmaci, della loro distribuzione, delle vie di divulgazione scientifica garantendone una corretta informazione diretta ad assicurarne l’efficacia terapeutica, oltre la non nocività. E’ imprescindibile ottenere: a) una garanzia di economicità dei farmaci e dei vaccini con un orientamento verso l’eliminazione dei brevetti sugli stessi, non solo per una questione di equità, ma anche per un tema di Salute pubblica [esempio pandemia da Covid-19 e necessità di produzione e distribuzione dei vaccini estesa, in linea con le disposizioni anche dell’OMS]; b) un controllo e visibilità nell’utilizzo dei fondi pubblici nazionali e regionali destinati alla ricerca di base e finalizzata; c) la costituzione di un ente indipendente nazionale pubblico, senza fini di lucro, che avvii studi clinici paralleli sui farmaci proposti dalle multinazionali farmaceutiche e che si occupi anche della farmacosorveglianza, settore teoricamente coordinato attraverso la Rete Nazionale della Farmacovigilanza, ma sostanzialmente affidato all’industria; d) una concreta applicazione dei presupposti deliberati nella legge 3 del 2018 art.3, riguardo alla diffusione della medicina di genere che, per quanto concerne i farmaci, risente dell’assenza delle donne nella sperimentazione negli studi clinici. Ciò comporta un uso inappropriato di farmaci, con eventi avversi dovuti a differenze di genere nell’assorbimento, metabolismo ed eliminazione degli stessi. È necessario produrre raccomandazioni genere-specifiche considerando anche parametri che tengano conto dell’epidemiologia della popolazione, quali ad esempio l’interazione tra età e genere, visto il progressivo invecchiamento della popolazione italiana, a prevalenza femminile.

g. Salute di genere

La medicina di genere si pone come obbiettivo quello di contribuire a realizzare una condizione di salute, cogliendo le differenze di genere rispetto ai processi di salute e di malattia. I recenti sviluppi della medicina di genere hanno indicato che la diagnostica medica sottovaluta o non tiene conto delle condizioni di vita delle donne nella determinazione della diagnosi e dei piani di trattamento, portando verso una serie di fallimenti di grave pregiudizio per la salute della donna. Ad esempio, l’orientamento all’osservazione della donna di tipo prevalentemente naturalistico crea un effetto di nascondimento per altri tipi di eziologia del malessere, facendo velo alle interazioni e ai nessi tra salute delle donne e condizione di oppressione e violenza famigliare. Diviene importante muoversi quindi verso la promozione di una Salute di Genere, non solo in termini medico-sanitari, bensì anche psicologici e socio-relazionali.
In Italia, il 13 giugno 2019, il ministro della salute ha approvato formalmente il decreto che rende attuativo l’art. 3 della Legge 3 del 2018, che vara, per la prima volta nel nostro Paese, un piano nazionale per la diffusione della medicina di genere nel Servizio Sanitario Nazionale, formalizzando l’inserimento del concetto di genere in medicina, finalizzato a garantire ad ogni persona il rispetto delle differenze sulla base delle quali giungere ad una effettiva personalizzazione delle terapie.
Riteniamo quindi necessario applicare un’ottica e un’analisi di genere in qualunque ambito di tutela della salute, poiché non è possibile prescindere da differenze di genere determinate non solo da aspetti biologici legati al sesso, ma anche da cultura, ambiente, condizioni economiche e sociali, aree geografiche, tradizioni e valori.

Yos, analizzando e promuovendo azioni sulla base degli obiettivi descritti, ritiene che vada contrastata e combattuta una visione della Salute collettiva che diventi compravendita mercantile sul mercato della produzione sanitaria.
L’omogeneizzazione della politica verso il pensiero unico di stampo neoliberista si ritiene essere stata la costante, che ha alimentato le controriforme, compreso lo smantellamento celere e progressivo del nostro Servizio Sanitario, iscrivendosi in una rivoluzione conservatrice, finalizzata ad abbattere il welfare state, per fare spazio in ogni campo alla penetrazione del capitale finanziario, con utili che, prima che essere reinvestiti in azioni eticamente compatibili con il bene – Salute, finiscono per essere guadagno di pochi e potenti gruppi finanziari, determinando un aumento della disparità e della ingiustizia sociale indicata dal raddoppio della percentuale di persone in povertà assoluta dal 2010 ad oggi (Censis).

Dicembre 2021